Tutti in piazza contro Renzi

Il governo che voleva rinnovare il mondo del lavoro

Nemmeno contro i governi Berlusconi i sindacati erano riusciti a mobilitare una tale forza d’urto negli scioperi generali come quella vista oggi in piazza. Anzi, l’ultimo reietto governo Berlusconi, era persino riuscito ad isolare la Cgil rispetto al resto del sindacato. Il governo Renzi, non solo ha rivitalizzato la Cgil, ma ha ridato fiato ad una afona Fiom. Eppure non c’è una sola ragione perché le parti sociali incidano sul dispositivo di legge di un governo. Questo può essere discusso con il sindacato, così come con la Confindustria, ma concordalo è affare delle forze parlamentari. Berlusconi aveva messo nel conto del programma della campagna elettorale del 2001, l’abolizione dell’articolo 18. E’ bastata una manifestazione della Cgil perché vi rinunciasse completamente. Renzi non aveva vinto le elezioni, non aveva un programma elettorale di governo e pure sull’articolo 18 ha sfidato il suo partito, il Parlamento ed ora anche la piazza. Chi dice che non c’è nessun motivo utile alla modifica di un dispositivo che oramai riguarda solo una minoranza del mondo del lavoro, pone un argomento autentico, se non che bisogna a volte considerare anche gli aspetti simbolici del cambiamento. E l’Italia ha bisogno di un cambiamento profondo per tornare ad affermare valori culturali, sociali, civili che sono persi. Abbiamo dagli anni ’70 del secolo scorso l’articolo 18 e ogni decennio, le quote del mercato del lavoro si sono ristrette. Dagli anni ’50, poi abbiamo grandi scioperi generali e siamo arrivati lentamente ai dati del calo della produzione di ieri, ancora sotto l’1 per cento. Proprio mentre il sindacato si accingeva a bloccare il paese un’altra volta, la nostra economia barcollava. Il calo della produzione industriale è un dato talmente inquietante, che occorrerebbe lavorare il sabato e la domenica, altro che scioperare il venerdì! Poi davanti alla grande adesione allo sciopero, alle tante voci che si sommano a sostegno del sindacato, contro un governo che nemmeno è stato votato dagli italiani, restiamo ammirati. Se non fosse per il dubbio che questa vasta maggioranza mobilitata, abbia torto e c’è l’abbia profondamente. Incapace di fare una stima vera dell’azione del governo, preoccupata solo di rivendicare il proprio diritto come un privilegio. Perché anche questo avviene nella realtà: i principi si mutano nel loro contrario, così come il bene sociale, diviene una prerogativa criminale, il pastrano dell’umile diseredato, si trasforma nel mantello del bieco oppressore. Questo nella storia. Il sindacato invece ci dice che tutte le categorie sono immutabili, e che loro rappresenteranno sempre il bene ed i lavoratori, mentre chi li avversa, rappresenterà inevitabilmente il male. Beato chi ci crede. Non Renzi, che almeno questo logoro tabù della concertazione e dell’articolo 18 ha davvero cercato di infrangerlo, almeno idealmente. Il fatto che una delle poche cose significative di un governo con tanti difetti, possa diventare la causa trascinante della sua crisi, ci dice quanto sia grave lo stato di difficoltà in cui langue il Paese e quanto arduo sarà risalirne la china.

Roma, 12 dicembre 2014